di Stefania Maffeo
“La prigione di carta” (Sperling & Kupfer) è l’opera prima di Marco Onnembo. Tutto nasce da una domanda che si pone l’autore: Come cambierebbe la nostra vita se la scrittura non esistesse più? Prova a rispondere il suo personaggio, Malcom King, professore di scrittura creativa al college di Brownsville, dove vive con la moglie Lynette ed il figlio Buddy. Idealista dalla solida cultura umanistica, insegna alla prima generazione di studenti che non sa scrivere a mano. La digitalizzazione ha vinto: il governo ha imposto che ogni tipo di contenuto esistesse solo in formato elettronico, mettendo al bando i libri cartacei dal sistema scolastico e abolendo l’uso della scrittura con inchiostro. Temeva che la conoscenza potesse essere manipolata. Che i giovani potessero essere manipolati. Che gli uomini, e la loro coscienza, potessero essere manipolati.
Credendo di poter contrastare quella legge e cambiare il mondo con il dialogo e la resistenza pacifica, King sarà invece condannato all’ergastolo in un carcere di massima sicurezza. Dalla sua prigione, di nascosto, e con la complicità di un criminale e di un secondino, riuscirà però a recuperare fogli, penne e matite: materiale proibito, armi di libertà. Per raccontare la sua vita. Compiendo l’atto più sovversivo che sia concesso dalla scrittura: scegliere il nostro destino.
“La Prigione di Carta” è uno e mille romanzi, scritto di getto, come a dare libero sfogo a tanti pensieri sedimentati. È un romanzo sull’amore, sull’amicizia e le sue fragilità, sul rapporto, labile e illusorio, che gli uomini costruiscono con ciò che credono reale, sulla speranza che riappare anche quando sembra affievolirsi fino a scomparire. Ma, soprattutto, è il racconto di un uomo che si oppone ad una legge ingiusta. Malcom King, all’interno di uno scenario distopico in cui il digitale ha soppiantato i libri di carta e la scrittura a mano assume i contorni dell’eroe romantico e idealista. Dando vita a un movimento di protesta civile contro la messa al bando della scrittura e dei testi cartacei, diviene figura archetipica degli uomini e delle donne che si oppongono a un sistema che annulla il dissenso.
Il non-luogo ed il non-tempo che caratterizzano “La Prigione di Carta” diventano materia liquida, possibili scenari di ogni ambientazione e realistiche degenerazioni di un Potere non controllato. Last but not least, alcune curiosità. L’autore ha sognato la storia e, svegliandosi, l’ha scritta di getto; il protagonista ha il nome dei grandi uomini che hanno lottato per i diritti civili negli anni ‘60; Charles (solo leggendo scoprirete chi è!) esiste sul serio; la prefazione al romanzo è un fatto vero: nella biblioteca dell’Università di Wharthon, Onnembo ha trovato una scatola con dei fogli al suo interno, con la grafia più bella che avesse mai visto; come il protagonista, anche l’autore ha aspettato, per giorni, Sting all’uscita di un hotel. Il cantante però non si è mai palesato….