“Mio figlio non è un criminale, sta solo scontando, ingiustamente, gli errori della sua famiglia”. La voce rotta dal pianto, la preoccupazione per un figlio lontano e la volontà di gridare giustizia. Mariabarbara Vacchiano è la mamma di Vito, il 17enne di Pontecagnano Faiano arrestato lo scorso 22 maggio e trasferito a Nisida. Il giovane era sottoposto alla misura cautelare del ricovero in una comunità residenziale intensiva situata nel Comune di Scafati, in esecuzione alla grave misura della custodia in istituto penitenziario minorile per 30 giorni emessa, il 20 maggio 2020, dal magistrato di sorveglianza del tribunale per i minorenni di Salerno. “Mio figlio non ha mai avuto un’infanzia facile nè felice – racconta la mamma, distrutta dal dolore – A 13 anni viene trasferito in una struttura perchè, a causa dei miei problemi di salute, sono stata costretta a chiedere aiuto agli assistenti sociali”. Il giovane, per controllare la rabbia, assume quotidianamente dei medicinali. “Trasferito presso la struttura di Scafati, quei medicinali non gli vengono più somministrati”, racconta ancora la donna.
Nel frattempo, viene assolto perchè il giudice lo ritiene incapace di intendere e di volere ma lui in quella struttura proprio non riesce a stare, ha bisogno di stare con sua madre, una donna malata di tumore e così fugge. “Sì, è vero, mio figlio fugge ma lo fa solo per tornare a casa e stare con me”, dice ancora la donna, spiegando che suo figlio viene poi trasferito in una struttura a Benevento. “Fra una settimana mio figlio compie 17 anni e lui non sa cosa significhi stare in famiglia, vivere con la mamma e i suoi fratelli – ha raccontato ancora la donna – Quando viene trasferito, solo successivamente scopro che si tratta di una struttura psichiatrica e lo apprendo dal mio avvocato perchè durante una telefonata con mio figlio lo sente strano, come se balbettasse. A quel punto mi avverte, chiamo la struttura e mio figlio inizia a chiedermi il perchè di quel trasferimento in una struttura psichiatrica”.
Mariabarbara ammette di non comprendere questo accanimento verso suo figlio e la sua famiglia: “Forse, ci stanno punendo per il nostro cognome perchè mio padre e i miei fratelli sono stati in galera ma noi non abbiamo mai commesso reati, mio figlio è un bravo ragazzo ma il carcere lo incattivisce perchè lui ha paura e non ci vuole stare, vuole tornare a casa e stare con me perchè teme per la mia salute”. Tra le altre cose, la mamma del 17enne conferma di aver sempre provveduto a contattare le forze dell’ordine per avvertirli ogni qualvolta suo figlio scappava per far rientro a casa. Vito, ormai, vive in una struttura da circa 4 anni: il prossimo 22 giugno dovrebbe lasciare il carcere di Nisida mentre il 25 luglio dovrebbe essere un ragazzo libero, con la scadenza della misura restrittiva. “Ho paura che possano condannarlo ma, come ha detto anche lo psicologo che tiene in cura mio figlio, il carcere non è una struttura idonea per lui”.