Premetto, non sono un giornalista.
Non ho mai scritto nemmeno per il giornalino dell’oratorio, ma ho tante cose che mi passano per la testa e tante altre che proprio non mi vanno giù.
Premetto, non sono mai stato il tipo che amava la massa: tutti ascoltavano Vasco? Ed io adoravo Ligabue. I miei amici volevano andare al mare? Bene, io preferivo la montagna. Che poi, a dirla tutta, tra mare e montagna, ho sempre preferito rimanere a casa e leggere un buon libro.
Vabbè, per farla breve, sono sempre stato la pecora nera del mio gregge.
Così come non sono un giornalista, non sono un economista, un filosofo, un saggista. Non sono niente di tutto ciò, ma solo un ragazzo che, per storia e cultura, ha sempre amato avere un’idea e, soprattutto, senza nasconderla.
In questi giorni di quarantena, tutti noi, abbiamo più tempo per pensare e per soffermarci su qualcosa che non ci convince.
La mia attenzione, si è soffermata su una parola che sembrerebbe racchiudere tutto ciò che è feccioso: sciacallo.
Ovvero, chi dissente, chi polemizza, chi dubita o chi vuole esercitare il suo diritto di pensarla diversamente viene paragonato a questo mammifero.
Praticamente, in questo momento storico, ci chiedono di restare chiusi nelle nostre case e cercano di mettere in quarantena anche la nostra libertà di riflettere e di criticare.
D’altronde, ultimamente, il mondo del web si è diviso sempre di più in buoni e cattivi, in giusti e malvagi, in cherubini e angeli caduti.
Ultima, in ordine cronologico, che deve far riflettere ed arrivare al succo del mio ragionamento, è la questione Mentana che sembrerebbe aver richiamato gli alfieri della rivoluzione, i nuovi giacobini del web sempre pronti a giustiziare i traditori, chiunque siano.
E questa volta è capitato proprio a lui, al Chicco di La7, che per anni è stato l’emblema, per la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, della perfetta informazione: laica,composta, tecnica, con i suoi grafici e le sue tabelline. Ma, chiaramente, al contrario, ha sempre strizzato l’occhio al politicamente corretto criticando ogni qualvolta ne avesse l’occasione coloro i quali siedono alla destra degli angeli caduti.
La sua “ribellione”, con il suo “se l’avessimo saputo, non avremmo mandato in onda quella parte della conferenza stampa”, ha materializzato la falsa convinzione che il giornalismo è sempre obiettivo e senza pregiudizio. E’ bastato un attimo, un attimo di orgoglio, a far gridare all’alto tradimento i guardiani dei buoni.
Un attimo, e da cavaliere bianco del giusto, il buon Chicco, si è tramutato in stregone nero del male.
Ed è proprio qui che la parola sciacallo prende sempre più significato.
Sciacallo è colui che cerca di annaffiare la sacra pianta del dubbio. Ma, soprattutto, chi critica i nuovi paladini del bene.
E’ vietato criticare un presidente del Consiglio che, di settimana in settimana, ci ha chiesto una reclusione a botta di one man show su Facebook, riducendo il parlamento ad un optional di poco conto.
Per non parlare di una certa opposizione (che a quanto pare è l’unica a poter essere criticata) che, oltre a lamentare la poca considerazione, é arrivata a partorire (udite, udite) Mario Draghi a guida di un futuro governo tecnico. Prima si canalizza malcontento verso l’Unione Europea e poi ci si getta tra le braccia del suo fuoriclasse. Tralascio riflessioni su chiese, rosari e preghiere.
E’ vietato criticare un presidente della Regione Campania che, fino a venti giorni fa, nemmeno il suo partito voleva ricandidare, ultimo in tutti i sondaggi a causa di: nepotismo, una gestione poco chiara dei rifiuti e una fallimentare gestione della sanità pubblica che ci vede ultimi in Italia negli adempimenti dei livelli essenziali di assistenza. E’ bastato un “lanciafiamme” e qualche show dei suoi a far dimenticare anni di mala gestio.
E’ vietato criticare il sindaco di Parma che, per avere i buoni spesa, devi pensarla come me, altrimenti cavoli, puoi anche morire di fame.
E’ vietato criticare Mattia Sartori, il quale sostiene che “in un paese normale, gli ultimi saranno i primi”, ma dimentica le sue foto di qualche mese fa con chi, come Benetton, controlla Autostrade per l’Italia e, per massimizzarne i profitti, l’ha resa insicura e pericolosa.
Guai a criticare i profeti dei giusti.
Beh, per non tirala per le lunghe, non so voi, ma preferisco essere più uno sciacallo che una pecora bianca nel suo gregge.
di Giuseppe Corrado