di Stefania Maffeo
Come un cazzotto, come una carezza. Si sentono entrambi, forti, caldi, profondi quando si visita la mostra fotografica della grande artista palermitana Letizia Battaglia. L’esposizione, a cura di Paolo Falcone, è il filo conduttore dell’VIII edizione di “Racconti del Contemporaneo” denominata “Picchi idda?” organizzati dall’Associazione “Tempi Moderni”. E’ visitabile a Palazzo Fruscione, ma anche in altri luoghi simbolo della Città di Salerno (Ipogeo e Cappella di Sant’Anna in San Pietro a Corte, Cappella di San Ludovico dell’Archivio di Stato, Chiesa di San Sebastiano del Monte dei Morti, Corte di Palazzo Pinto) fino al 19 maggio 2024, in una sorta di dialogo artistico fra contenitore e contenuto.
È proprio in questi luoghi, infatti, che risuona con forza il potere evocativo delle immagini di Letizia Battaglia, una donna coraggiosa e dalla straordinaria sensibilità umana e visiva. Le sue fotografie consegnano alla storia alcune delle pagine più sanguinose, poetiche, struggenti e drammatiche della sua Palermo, ma anche volti, storie, anime della gente che la popola.
Immagini ottenute spesso in contesti estremi negli anni della sua collaborazione con il quotidiano L’Ora di Palermo, durante la sanguinosa guerra di mafia degli anni Settanta ed Ottanta, ma tenute insieme da un unico leitmotiv, la dignità. Uno storytelling emozionale e storico intenso quello che avvolge i visitatori durante il percorso espositivo che si focalizza sugli argomenti che hanno costruito la cifra espressiva più caratteristica dell’artista, portandola a sviluppare una profonda e continua critica sociale, evitando i luoghi comuni e mettendo in discussione i presupposti visivi della cultura contemporanea.
Quella di Letizia Battaglia era una lente metodica e precisa, unica, pronta a raccontare il mondo. Ha raccontato le diverse contraddizioni della sua terra, i volti della povertà e della ricchezza, le manifestazioni e le rivolte delle piazze, le feste religiose e pagane. Il tutto tenendo sempre la città come spazio privilegiato per l’osservazione della realtà, oltre che del suo paesaggio urbano. Ha trattato il suo lavoro come un manifesto, esponendo le sue convinzioni in maniera diretta, vera, poetica e colta, rivoluzionando così il ruolo del fotogiornalismo.
È entrata nei vicoli, nei rioni e nei bassi di Palermo per realizzare immagini dolci e poetiche che descrivono con amore una condizione sociale. Ha ritratto bambine, nelle quali ritrovava se stessa, con cui costruisce un dialogo empatico intimo e profondo. Con un grand’angolo ed una PENTAX K 1000 è sempre al centro della scena, a contatto diretto con il soggetto per catturare una potente emozione e, quasi sempre, un sentimento di ‘pietas’.
Salerno rende così omaggio ad una figura emblematica che ha saputo essere al tempo stesso testimone, narratrice e combattente di una realtà complessa e sfaccettata, lasciando un’eredità imperitura che continua ad ispirare nuove generazioni come fonte di inesauribile speranza.