Si è conclusa nel territorio di Corchiano, in provincia di Viterbo, la 3^ campagna di studi, indagini e ricerche. Ed anche quest’anno non sono mancate le sorprese. Al centro dell’interesse della cooperativa cilentana ArcheoArte il vecchio acquedotto di Cenciano, di probabile epoca falisca. Dopo circa 40 anni, infatti, è stato ricongiunto il tratto mancante. Il lavoro è stato svolto in tandem con la Fondazione Corchiano Monumento Naturale, presieduta da Giancarlo Forti.
Lo scopo di ArcheoArte, in particolare, era di individuare al suo interno evidenze che ne consentissero la datazione; cosa che, allo stato attuale, non è ancora del tutto possibile.
L’acquedotto era stato riutilizzato in epoca contemporanea, dopo di che è caduto in oblìo. Grazie all’intervento di ArcheoArte, della Fondazione Corchiano Monumento Naturale e di Esplora Tuscia l’intero tratto è divenuto percorribile.
Il prossimo step è quello di renderlo fruibile ai turisti aggiungendo un ulteriore tassello alle tante meraviglie storiche, archeologiche e naturalistiche del comprensorio di Corchiano.
Non sono mancati, durante la campagna di ricerca, momenti di tensione. La squadra di studiosi era scesa la mattina di domenica 21 giugno concordando, come da prassi, l’orario di ritorno in superficie. Ma qualcosa è andato storto. Le piogge dei giorni precedenti, la spessa fanghiglia ed i cumuli di detriti hanno rallentato di molto i lavori e così si è messa in moto la macchina dei soccorsi. Geologi ed archeologi fortunatamente stavano bene ed erano impegnati a rimuovere gli ultimi impedimenti che hanno restituito alla storia una galleria sotterranea di oltre 2 km con cunicoli laterali, diramazioni e sifoni ancora tutti da esplorare.
Il team di ArcheoArte presente a Corchiano era composto dalla geologa Marianna Iannone e dall’archeologa Gaia Isoldi.
«Il lavoro portato avanti dalla nostra cooperativa è finalizzato al reperimento di dati ai fini di una dettagliata conoscenza del territorio. Nel merito si è cercato di porre in risalto l’importanza storica dell’opera idraulica per una sua futura fruibilità», ha sottolineato la geologa Iannone.
«L’acquedotto presenta vari momenti di intervento, di cui il più antico non mostra evidenze che ne consentano una datazione precisa ma incluso probabilmente in quella serie di opere di gestione idrica legata ai prata testimoniati nelle epigrafi presenti nel territorio corchianese. Lungo il percorso sono stati individuati dei punti di accumulo di depositi in cui è auspicabile fare un saggio per individuare materiali archeologici in modo da verificare le ipotesi di datazione ed un punto di possibile interesse geologico», ha aggiunto l’archeologa Isoldi.
Si tratta della terza campagna di studi e ricerche della società cooperativa ArcheoArte, composta di sole donne, in provincia di Viterbo, dove sono state poste in evidenza importanti realtà archeologiche come la Grotta delle Cantinacce e l’area archeologica delle Caprarecce.